Lo scorso 1 dicembre, la tecnica tradizionale degli arazzi chiamati "scoarţe", tipica della Romania e della confinante Moldova, è stata introdotta nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dell'Unesco.
Lo scorso 1 dicembre, in coincidenza con la Festa Nazionale della Romania, la tecnica tradizionale degli arazzi tessuti al telaio, chiamati scoarţe, tipica della Romania e della confinante Moldova (repubblica ex sovietica, a maggioranza romenofona) è stata introdotta nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dell'Unesco. Questi arazzi, fatti nelle comunità di artigiani e ritenuti attualmente opere d'arte, sono adoperati per decorare le pareti interne delle case, ma anche durante certe cerimonie, come quelle funebri, o come parte del baule della dote. Le scoarţe tipiche romene sono contraddistinte dalla varietà e vivacità dei colori e dalla presenza di motivi geometrici, vegetali, figurali (animali e persone, spesso donne che ballano il girotondo) e di motivi simbolici, come l'albero della vita.
Il 17 ottobre del 2003, la Conferenza Generale Unesco approvava la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, per la tutela della cultura tradizionale e del folclore del nostro Pianeta. Con questa convenzione l'Unesco si prefiggeva di salvaguardare tradizioni, saperi, espressioni linguistiche e artistiche che si manifestano nel teatro e nella musica, celebrazioni religiose e riti, tecniche tradizionali di artigianato e arti varie, tramandate di generazione. Con l'inclusione delle scoarţe nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Unesco, salgono ormai a cinque i beni immateriali romeni patrimonio dell'Umanità. La Romania vanta nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità anche il rito del "Căluş", incluso nel 2005, il canto nostalgico fondamentale del folclore romeno "doină", incluso nel 2009, la ceramica di Horezu, inclusa nel 2012, e l'usanza natalizia dei gruppi di giovani auguratori, inclusa nel 2013.
Il "Căluş" è una danza popolare rituale caratterizzata da forza, agilità e ritmo, tipica soprattutto per le regioni Oltenia e Moldavia, ballata dai giovani nella settimana della Pentecoste attorno al frutto del nocciolo chiamato "căluş". Il Căluş è eseguito da gruppi di ragazzi chiamati Căluşari secondo una gerarchia. Nel gruppo di Căluşari troviamo un Capo, un aiutante del Capo, il Muto, il Portabandiera e via dicendo. I ragazzi danzano, fino all'esaurimento fisico, con salti ritmici, fasciati di nastri rossi e con fazzoletti ricamati alla vita e indossando cappellini con perline e nastri variopinti e ciocie con speroni di metallo tintinnanti. Nel passato si credeva che questa danza avesse poteri protettivi sulla gente, ma anche sul bestiame e sul raccolto, proteggendo dalle malattie e cacciando via gli spiriti maligni, ma anche che restituisse la fertilità alla terra. Il rito magico del Căluş veniva compiuto tra l'alba e il tramonto, affinchè i căluşari fossero protetti dalla luce del sole che si credeva mantenesse lontane le “Iele” (ossia le fate maligne).
Dal canto suo, la doinaè una canzone tradizionale romena, lirica, solenne e improvvisata che parla dei profondi timori della natura umana: la gioia, la tristezza, la nostalgia, l'amore, la solitudine, la guerra, il passare del tempo e l'invecchiamento. Si trasmette oralmente da padre a figlio, l'autore è sempre anonimo e ogni interprete ha la libertà di migliorare il testo. Viene cantata da una sola persona, con o senza accompagnamento musicale.
Fiore all'occhiello dell'artigianato romeno, la ceramica di Horezu, il terzo bene immateriale romeno inserito nella lista Unesco, è apprezzatissima per i suoi inediti disegni molto fini realizzati con un corno di bue con in testa una penna d'oca oppure con una punta metallica. I colori tradizionali sono l'ocra, il verde e l'azzurro e i motivi decorativi prediletti dei mastri ceramisti di Horezu sono l'onda, la spirale, il serpente. Ma protagonista assoluto dei disegni sulla ceramica è il gallo, simbolo cristiano, tipico della tradizione bizantina, cui è dedicato in Romania anche un famoso festival annuo. Dal canto suo, il rituale natalizio dei gruppi di auguratori, tipico della Romania, ma anche della confinante Moldova (repubblica ex sovietica, a maggioranza romenofona), praticato da ogni generazione di giovani dei villaggi romeni, che vanno in giro per le case per cantare canti natalizi, ha l'importante ruolo di preservare l'identità sociale e di assicurare la coesione delle comunità in cui viene praticato, conferendo un sentimento di prestigio, come rilevato dall'Unesco.
Va ricordato che 60 anni fa, il 27 luglio del 1956, la Romania diventava membro dell'Unesco. Per celebrare i suoi 60 anni di esistenza, a dicembre, la Commissione Nazionale Romena per l'UNESCO ha invitato il pubblico alle "Porte aperte alla Commissione Nazionale Romena per l'UNESCO". L'evento si è proposto di portare all'attenzione del pubblico il ruolo Unesco nella promozione della collaborazione tra nazioni tramite la cultura, l'educazione, la scienza, la comunicazione e l'informazione. In programma una serie di mostre, tra cui quella del pittore e restauratore Mihail Gavril, intitolata "L'arcipelago UNESCO in Romania", formata di dipinti monumentali su pannelli, dedicata ai 7 siti culturali e naturali inclusi nella lista del Patrimonio Mondiale Materiale dell'Unesco per la loro rilevanza culturale o scientifica: il Delta del Danubio, le chiese ortodosse ad affreschi esterni della Bucovina, le chiese ortodosse in legno del Maramures, le sei Fortezze Daciche dei Monti Orastie, i paesini sassoni con chiese fortificate della Transilvania, il Monastero Hurezi, della regione storica Oltenia, e il centro storico della città di Sighişoara. Al Delta del Danubio è stata dedicata, nell'ambito delle "Porte aperte alla Commissione Nazionale Romena per l'UNESCO", una seconda mostra, questa volta di foto, firmata da Helmut Ignat, fotografo per "National Geographic România" e "National Geographic Traveller" dal 2009, chiamata "I colori del Delta del Danubio". Il 15 dicembre si è tenuta "Il Gala Romania - UNESCO: 60 anni", dove è stato lanciato l'omonimo libro, che presenta la Commissione Nazionale Romena per l'Unesco e i principali momenti della sua attività di sei decenni.
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