Per i romeni, il 9 e il 10 maggio rivestono molteplici significati.
Il 10 maggio è considerata la pietra miliare della modernità romena e, proprio per questo, fino all’insediamento del comunismo, è stata la Festa Nazionale del Paese. Il 10 maggio 1866, saliva al trono di Bucarest il principe Carlo I, della dinastia di origine tedesca Hohenzollern-Sigmaringen. La saggezza, l’energia e il suo impegno nei confronti della nuova Patria, come pure la notevole longevità che gli ha garantito il più lungo regno nella storia dei romeni, di 48 anni, hanno permesso a Carlo di trasformare, tramite riforme profonde, il piccolo Stato collocato in prossimità dei Balcani in un Paese europeo.
Il 9 maggio è, prima di tutto, il Giorno dell’Indipendenza di Stato. Proclamata nel Parlamento nel 1877 e difesa sul fronte, ha segnato la separazione dal potere sovrano dell’epoca, l’Impero Ottomano, e l’annessione al futuro Regno, proclamato il 10 maggio 1881, della Dobrugea, provincia sita nel sud-est, tra il Danubio e il Mar Nero.
Il successore di Carlo, Ferdinando, portò a compimento il processo di unificazione nazionale alla fine della prima guerra mondiale, quando entrarono a fare parte del Regno anche Bessarabia (est), Bucovina (nord-est), Transilvania (centro), Banato, Crişana (ovest) e Maramureş (nord-ovest), province con popolazione a maggioranza romena che fino allora erano state occupate dagli imperi multinazionali zarista e asburgico.
La dinastia fu implicata anche nella vittoria delle Nazioni Unite contro la Germania nazista. Secondo gli storici, la decisione dell’ultimo re di Romania, Michele I, di far uscire la Romania dall’alleanza con Hitler, nel 1944, per riportarla a fianco dei suoi tradizionali alleati, gli anglo-americani, ha accorciato di almeno sei mesi la seconda guerra mondiale in Europa, salvando centinaia di migliaia di vite umane. Insignito dell’ordine della Vittoria dal dittatore sovietico Iosif Stalin, il Re constatò a breve l’ingratitudine dei nuovi alleati. Nel 1947, quando il Paese era praticamente occupato dalle truppe sovietiche, che avevano insediato un governo comunista marionetta, fu costretto ad abdicare e a partire in esilio. È tornato in patria solo negli anni ’90, quando ha riconquistato la cittadinanza romena, ritiratagli dai comunisti, e una parte delle proprietà.
Condannati dal comunismo postbellico al terrore, all’umiliazione e alla povertà, i romeni possono celebrare adesso la Festa dell’Europa, grazie alla rivoluzione del 1989 e all’adesione all’UE, nel 2007. La Festa dell’Europa segna in ugual misura, la resa della Germania nazista, nel 1945, e la dichiarazione tramite cui, nel 1950, il ministro degli Esteri francese, Robert Schumann, gettava le basi del progetto dell’Unione Europea di oggi. In un messaggio in occasione della Festa dell’Europa, il presidente Klaus Iohannis afferma che, quest’anno, la festa arriva in un contesto ancora segnato dalla pandemia di COVID-19, che ha messo a dura prova l’Unione Europea e i suoi stati, però “le sfide che attraversiamo insieme non diminuiscono, anzi, riconfermano la rilevanza del progetto europeo”, ha sottolineato il capo dello stato romeno.
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