Lo scultore Constantin Brancusi
Pioniere del modernismo nella scultura, Constantin Brancusi è sicuramente una delle più influenti personalità artistiche del Novecento. Nessun altro romeno ha riunito tanti riconoscimenti e apprezzamenti universali.
Steliu Lambru, 06.11.2017, 14:05
Pioniere del modernismo nella scultura, Constantin Brancusi è sicuramente una delle più influenti personalità artistiche del Novecento. Nessun altro romeno ha riunito tanti riconoscimenti e apprezzamenti universali. La sua opera più nota di Romania è il complesso La Via degli Eroi di Targu-Jiu, dedicato a tutti quanti si sono immolati nei combattimenti in difesa della città durante la prima Guerra mondiale. Nonostante la sua celebrità, Brancusi era una persona austera, interessato tanto alla sua arte, riservato con la gente e la stampa.
Nel 1963, il critico d’arte George Oprescu, che conobbe Brancusi raccontava alla Radiodiffusione Romena dei suoi due incontri con l’artista. Il primo avvenne dopo la prima guerra mondiale, nell’atelier parigino di Brancusi, in via Impasse Ronsin, dove visse per mezzo secolo, dal 1907 fino alla morte avvenuta nel 1957.
L’atelier di Brancusi, molto ampio, era pienamente occupato da enormi travi di legno vecchio, alcune dallo spessore di 50-60 cm e lunghe parecchi metri, portate da un paesino della Bretagna dove erano state demolite alcune case. Ammassate l’una sopra l’altra, queste travi aspettavano la mano maestra dell’artista. Credevi di trovarti in una grotta, forse sotterranea, in cui un ciclope voleva trasformare questo legname in cose che avrebbero stupito il mondo. E siccome a quei tempi ero molto appassionato di Wagner e della sua mitologia, nulla mi sembrava estraneo come apparizione di quello che vedevo, ricordava George Oprescu.
Anche Constantin Brancusi attraversò il tumulto delle vicende che segnarono il Novecento. Conobbe l’esilio e la tragedia dell’occupazione sovietica del suo Paese dopo il 1945. Dyspré Paleolog, giornalista a Radio Romania durante la seconda Guerra mondiale, si rifugiò dopo l’occupazione sovietica a Parigi, dove, da studente, cominciò a frequentare Brancusi, ex compagno d’università di suo padre.
Era molto legato a mio padre. Passarono insieme gli anni dell’università, avevano uno strettissimo rapporto di amicizia. Mio padre fu un esegeta dell’artista, scrisse i primi libri su Brancusi – 4-5. L’ultimo lo stampai per conto mio in francese. Destò clamore negli ambienti culturali parigini e fu particolarmente apprezato dai più grandi conoscitori di Brancusi. Anche l’artista dimostrò amicizia nei confronti di un giovane studente, che faceva la fame, in cerca di farsi strada in Francia. Mi disse: Ragazzo mio, devi essere intelligente ed evitare la legazione romena. Mi aiutò con tanti consigli. Brancusi mi ricevette per 5-6 volte, grazie al libro e, ovviamente, grazie all’amicizia con mio padre. Abbiamo avuto conversazioni interessanti. Erano scarsi i suoi contatti con i romeni. Evitava la compagnia della colonia romena, che, ovviamente, come tutte le altre, stava attraversando un periodo di riadattamento, ed era divisa tra gli anticomunisti dichiarati, quelli che erano più democratici e coloro che erano di sinistra, raccontava Dyspré Paleolog.
Anche se non ha cambiato la storia della Romania, Constantin Brancusi ebbe un’influenza notevolissima sulla scultura del mondo. Parlò a tutta la gente nella lingua universale dell’arte. Le sue opere si trovano nell’intero mondo, la maggior parte in Francia, che ne possiede circa 80, lasciate per testamento al governo di Parigi, che naturalizzò il grande scultore romeno. Il suo atelier parigino è diventato museo. Nel 2011, il motore di ricerca Google ha celebrato il 135/o anniversario della sua nascita con un Google Doodle di 7 delle sue opere.