Lo scrittore Panait Istrati
Nato nel 1884 a Braila, Panait Istrati fu uno dei più complessi scrittori romeni. E' considerato in ugual misura anche di espressione francese.
Steliu Lambru, 21.02.2018, 13:42
Nato nel 1884 a Braila, Panait Istrati fu uno dei più complessi scrittori romeni. E’ considerato in ugual misura anche di espressione francese. La sua opera è segnata da un forte messaggio sociale e mette in risalto il mondo dei proletari e degli sfavoriti. Istrati aderì al comunismo sin da giovane, però fu tra i primi a staccarsi dal suo incantesimo, in seguito alle visite nell’Unione Sovietica. Proveniva da una famiglia povera mista: la madre, lavandaia, era romena, mentre il padre era greco.
All’età di 6 anni aveva già compiuto gli studi elementari e amava tanto la letteratura. Fu apprendista presso un locandiere e un panettiere, ma anche presso un venditore ambulante. Trovò un lavoro di marinaio e viaggiò nell’intero Mediterraneo. Si fermò in Francia, dove imparò la lingua in cui cominciò anche a scrivere. Nel 1906, all’età di 22 anni, avvenne il suo esordio nella stampa operaia, seguito da alcuni racconti senza successo. Durante la prima Guerra mondiale, arrivò in Svizzera, Francia, Grecia ed Egitto.
Nel 1923, pubblicò la novella Kyra Kyralina, scritta in francese, con la prefazione firmata dal grande Romain Rolland. Fu autore di più romanzi, tra cui spiccano I cardi del Baragan e Il bruto. Nel 1927, Istrati visitò Mosca e Kiev, dove fu girato un film tratto dalla sua novella Kyra Kyralina. In quell’occasione, incontrò lo scrittore greco Nikos Kazantzakis, che lo ricordò nel suo romanzo Zorba il Greco.
Nel 1929 si recò di nuovo nell’Unione Sovietica. Fu quello il momento in cui capì che il regime comunista era lungi da quello che promuoveva teoricamente. Scrisse Verso l’altra fiamma, in cui denunciò gli abusi del regime comunista, che si articolano come un vero shock. La pubblicazione del libro gli procurò isolamento e accuse di fascismo.
Un viaggio nell’Unione Sovietica non è necessariamente un opportunità di risveglio, anzi forse è un’occasione per diventare ancora più cieco. Le eccezioni confermano la regola, poichè sono pochi i viaggiatori che, una volta arrivati nell’Unione Sovietica, hanno la capacità di togliersi il velo col quale loro stessi avevano coperto i propri occhi. Non dobbiamo dimenticare Beatrice e Sidney Webb, tornati da una simile visita con testi ditirambici e allucinanti sull’Unione Sovietica. Anche Herbert George Wells si recò nell’URSS e la visita non sembra aver avuto alcun impatto sulla sua visione del mondo e della vita. Però, quando parliamo di risveglio, due nomi vanno ricordati: Panait Istrati e André Gide. Entrambi arrivarono nell’Unione Sovietica ed entrambi scrissero dei libri che li misero in situazioni delicatissime nei confronti dei loro compagni di combattimento, spiega il docente universitario Ioan Stanomir.