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Una nuova architettura di difesa nell’Unione Europea

Le vecchie certezze sembrano sgretolarsi. Dopo decenni in cui il continente si è affidato alla protezione americana e a quella offerta inclusivamente attraverso la NATO, la forte dipendenza dalle risorse e dalla tecnologia statunitensi può ora essere considerata una vulnerabilità.

Foto: pixabay.com
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, 05.12.2025, 19:09

L’iniziativa dell’Unione Europea di ripensare il proprio ruolo strategico e di difesa giunge in un mondo segnato da tensioni e cambiamenti geopolitici, dopo oltre sette decenni di pace e prosperità in Europa prima che la guerra raggiungesse i suoi confini. Imprevedibilità è la parola che forse definisce più accuratamente il quadro attuale relativo al conflitto in Ucraina. Le vecchie certezze sembrano sgretolarsi. Dopo decenni in cui il continente si è affidato alla protezione americana e a quella offerta inclusivamente attraverso la NATO, la forte dipendenza dalle risorse e dalla tecnologia statunitensi può ora essere considerata una vulnerabilità. Da qui l’idea, sempre più spesso invocata, di un’autonomia strategica europea – non contro l’America, ma per un più sano equilibrio all’interno dell’alleanza occidentale. Tanto più che il conflitto in Ucraina non mostra segni di conclusione a breve. Quando e come finirà questa guerra è, tra l’altro, la domanda a cui tutti vorrebbero avere una risposta.

Lo storico e professore Armand Goşu, esperto dello spazio ex-sovietico e analista di politica estera. “Ci sono diversi scenari. Ci sono alcuni scenari negativi, che Putin vorrebbe, che presuppongono il crollo dell’Ucraina, l’ingresso dell’Ucraina sotto il controllo russo, o direttamente una parte dell’Ucraina sarà occupata, o l’altra parte sarà una sorta di governatorato, una sorta di Bielorussia 2.0, controllata da leader politici che giocano al gioco del Cremlino. Ci sono scenari meno negativi, ma solo meno negativi, allo stesso tempo i più probabili, che presuppongono la continuazione della guerra con un’intensità minore, per anni, il che dovrebbe costringere l’Europa, l’Occidente, a prendere alcune decisioni riguardo all’Ucraina. Perché questi scenari, anche se non presuppongono una sconfitta dell’Ucraina, questo prolungamento della guerra non aiuta né l’Occidente né l’Ucraina, e tutto questo aspettare con le mani in mano con la speranza che crolli la Russia… Non è l’atteggiamento più sano di fronte all’aggressione russa. E ci sono anche scenari positivi, che presuppongono un ritorno della Russia su un percorso democratico, un suo riorientamento verso l’Europa, verso un modello di sviluppo economico europeo e un Paese con migliori sentimenti verso l’Europa. E, naturalmente, che si ritiri dall’Ucraina, ne riconosca la sovranità e non intervenga più nei suoi affari interni. Quindi, abbiamo diversi scenari davanti a noi, alcuni migliori, ma la maggior parte sono pessimi”, ha spiegato Armand Goşu.

In questo contesto, l’Unione sta muovendo i primi passi verso una nuova architettura di difesa. I programmi esistenti – dalla PESCO al Fondo europeo per la difesa – sono integrati da nuovi progetti, come l’iniziativa SAFE (Armamenti e forze strategiche per l’Europa), che mira a creare una base comune per la produzione e l’acquisizione di armi, coordinare meglio le capacità di difesa e ridurre la frammentazione che attualmente lascia gli Stati europei con decine di modelli diversi di carri armati, aerei e sistemi di artiglieria. L’obiettivo è costruire un’industria militare europea unificata ed efficiente. “Sotto la pressione russa, vediamo che ci sono alcuni sviluppi che, altrimenti, certamente non si sarebbero verificati. La guerra costringe a riconsiderare le proprie priorità e la sicurezza e la difesa tornano a essere una priorità del mondo occidentale. Sta accadendo, forse non alla velocità con cui avremmo voluto. Allo stesso tempo, non dimentichiamo che l’Europa è una macchina enorme, molto sofisticata e burocratica. Una volta messa in moto, sarà molto difficile fermarla. Le risorse che l’Europa ha sono molto maggiori di quelle della Russia. Di certo non ha l’entusiasmo, la voglia di combattere che ha la Russia. Allo stesso tempo, neanche la Russia combatte con entusiasmo, se si guarda all’esercito russo, è un esercito mercenario che fa soldi, e l’Europa è molto più ricca da questo punto di vista. Quindi, le cose si stanno evolvendo, c’è una certa dinamica”, ha spiegato sempre Armand Goşu.

Nessuno può prevedere esattamente come finirà la guerra in Ucraina. Tutte le opzioni sono sul tavolo. Forse attraverso un accordo negoziato, forse attraverso un conflitto congelato che durerà anni. In ogni caso, però, l’Europa ha capito che deve imparare a vivere in un vicinato pericoloso e, allo stesso tempo, essere pronta a difendersi da sola, in stretta collaborazione con la NATO. Questo è il grande esame che l’Europa deve superare, ritiene Armand Goșu. “L’Europa deve decidere cosa fare di sé stessa. Cosa fa, si federalizza? Costruisce un’Europa a più velocità? Puntiamo su un esercito europeo comune? Oppure puntiamo sull’interoperabilità tra l’esercito francese, l’esercito tedesco, l’esercito italiano, l’esercito spagnolo, l’esercito romeno, l’esercito polacco, gli eserciti baltici e gli eserciti dei paesi scandinavi? Oppure andiamo avanti. Andiamo avanti e costruiamo qualcosa, un nucleo di un esercito europeo comune? Non sappiamo quale sia l’opzione ideale. Non credo che abbiamo tempo per costruire un esercito europeo comune, che implica catene di comando, è molto complicato. Penso che, poiché collaboriamo nella NATO da oltre 20 anni e altri collaborano all’interno della NATO da molti più decenni della Romania, dovremmo prendere spunto da quelle strategie di collaborazione a livello NATO e cercare di trasferirle alla collaborazione bilaterale all’interno degli Stati. Cioè, creiamo alleanze militari più piccole come questa. Quindi, dovremmo essere molto più realistici, “muoverci molto più velocemente, per aumentare l’interoperabilità”, ci ha detto l’analista.

Perché la pace non si mantiene solo attraverso trattati e scambi commerciali, ma anche attraverso una forza di difesa comune.

Fonte foto: facebook.com/p/Institutul-de-Politici-pentru-Migratie
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