La cultura della sicurezza, uno scudo necessario
La sicurezza è un tema sempre più presente nella vita quotidiana e non solo in senso militare, ma in un senso molto più ampio, perché la realtà degli ultimi anni ci mostra che le guerre moderne non si combattono più solo con carri armati e aerei.
Corina Cristea, 03.10.2025, 20:00
Il conflitto classico in Ucraina, al confine con la Romania, ha effetti che vanno ben oltre la linea del fronte: è una guerra ibrida, che abbina metodi tradizionali a tattiche progettate per influenzare la percezione, la fiducia e il modo di guardare il mondo. Ciò che sta accadendo ora è ben più di una guerra ibrida, afferma il professore universitario Iulian Chifu, analista di politica estera e sicurezza, che fa una radiografia della situazione attuale.
“Ciò cui assistiamo è l’amplificazione del numero di minacce, la loro diversificazione, la loro combinazione, ma anche l’emergere di focolai di instabilità e di confronto, rispettivamente, di guerra. Naturalmente, questa somma di nuovi elementi e la sicurezza in senso lato, con i suoi molteplici strumenti, determinano un cambiamento fondamentale. Se fino a poco tempo fa, un secolo fa, parlavamo dello scontro di eserciti, dopo il quale gli Stati si confrontavano tra loro, con le loro istituzioni, con le loro risorse, in seguito abbiamo assistito alla guerra ibrida e al confronto di società o agli attacchi alle società, e oggi siamo arrivati a una guerra ad ampio spettro, una guerra a spettro completo, che si combatte anche con obiettivi utilizzando vari strumenti, sia militari che civili e persino benigni, ma ben orchestrati, in modo tale che ciò produca effetti negativi, raggiunga obiettivi di rilevanza militare o comunque di sicurezza e alteri la situazione della sicurezza. Dobbiamo prepararci a questa versione del mondo di domani, diciamolo subito. Si dovranno gestire molti più strumenti, molte più minacce, e non possono più farlo solo gli Stati e le istituzioni statali. Devono farlo con le loro società, che siano organizzazioni non governative, che siano aziende private, e insieme ai cittadini. Perché in questo momento è necessaria una sovrapposizione di tutti questi sforzi per difendere una società al livello della tecnologia, dei social media, nella dimensione della guerra informativa e cognitiva che vediamo oggi.”
Grazie all’appartenenza alla NATO e all’Unione Europea, la Romania beneficia di solide garanzie, ma la percezione pubblica è talvolta segnata da un senso di insicurezza. Forse anche perché uno dei campi di battaglia più importanti è quello cognitivo, dove i messaggi trasmessi amplificano le paure, coltivano la sfiducia nelle istituzioni e sfruttano le fratture sociali. La percezione di insicurezza diventa così uno strumento strategico. Esistono diversi tipi di insicurezza oltre a quella militare, evidenti in un contesto di conflitto armato. Parliamo di insicurezza economica, quando, ad esempio, i prezzi aumentano sotto la pressione di una guerra al confine, di insicurezza sociale, quando aumenta la sfiducia nelle persone, ma anche di insicurezza informativa, quando non si sa più cosa sia verità e cosa sia manipolazione. Il risultato è un senso di vulnerabilità, che può lasciare un segno profondo in una società, generare tensioni sociali e persino blocchi economici. Insomma, è un’arma sottile, ma che può rivelarsi molto efficace.
Di fronte a queste sfide, la strategia di difesa non significa più solo truppe e armi, ma implica una risposta coordinata a livello sociale. Questo è legato alla cultura della sicurezza, che si riferisce al grado di consapevolezza di ogni individuo sui problemi di sicurezza, al coinvolgimento attivo dei cittadini nella loro risoluzione e al sostegno delle misure necessarie per proteggere lo Stato e la società. In altre parole, un impegno attivo e consapevole a livello individuale e collettivo. E questo si costruisce attraverso l’istruzione. Cosa significa questo in termini concreti? La Norvegia, ad esempio, attraverso ingenti investimenti nell’addestramento civile e militare e una stretta collaborazione tra la comunità civile e le autorità, è riuscita ad adattarsi alle minacce regionali, inclusa quella russa, mantenendo un equilibrio stabile e rafforzando la propria sicurezza nazionale. L’analista Iulian Chifu (Tr): “L’aspetto educativo è molto importante e, a livello di istruzione, ci sono diversi elementi introdotti a scuola, che riguardano l’apprendimento di concetti legati alla guerra dell’informazione, alla disinformazione, alle fake news, alle falsificazioni. Certo, questo non basta, perché l’aggressore sta inventando sempre più strumenti. Quando si tratta della Federazione Russa, non ci sono limiti morali o democratici. Bene, dobbiamo prepararci, con gli strumenti degli stati democratici, a contrastare questo fenomeno. E lo si fa duramente, nel tempo, attraverso l’istruzione, attraverso la comunicazione strategica e costruendo la fiducia tra decisori, leader, leader politici, leader in diverse strutture istituzionali e popolazioni.”
Non è facile, soprattutto in tempi di crisi, afferma Iulian Chifu, ma dobbiamo riflettere attentamente su come gestire la nostra sicurezza, tutti noi.