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Rapporto “Pianeta Vivo” 2018

Sono passati 20 dalla prima edizione del Rapporto Il Pianeta Vivo, del WWF, sullo stato di salute del Pianeta. Il rapporto di quest'anno porta dati sempre più preoccupanti.

Rapporto “Pianeta Vivo” 2018
Rapporto “Pianeta Vivo” 2018

, 28.11.2018, 19:42

Sono passati 20 dalla prima edizione del Rapporto Il Pianeta Vivo, pubblicazione biennale dell’organizazzione internazionale per la conservazione della natura, World Wide Fund for Nature, sullo stato di salute del Pianeta. Da un’edizione all’altra, i risultati sono sempre più preoccupanti, svelando la portata dell’impatto dell’umanità sul Pianeta. Le popolazioni globali di uccelli, pesci, mammiferi, amfibi e rettili sono in calo, da un anno all’altro, le foreste vengono abbattute, i suoli subiscono un deterioramento, mentre gli oceani e i fiumi sono sempre più inquinati. Gli ecosistemi vengono distrutti e la fauna scompare gradualmente. Gli ambientalisti hanno richiamato l’attenzione numerose volte sulla necessità di un accordo globale per tutelare la biodiversità e rifare gli habitat e la natura, in generale.



Il rapporto di quest’anno presenta lo stesso quadro cupo del degrado della natura, è del parere Adriana Trocea, esperta di comuncazione esterna del WWF Romania.



Il Raporto il Pianeta Vivo è uno studio che analizza lo stato di salute del Pianeta rispetto al livello di consumo, al livello di pressione che noi mettiamo sul Pianeta, analizza l’evoluzione delle specie di vertebrati rispetto alla nostra impronta ecologica globale di CO2. L’edizione 2018 rileva che abbiamo perso, negli ultimi 40 anni, il 60% delle popolazioni delle specie di vertebrati. Parliamo qui di uno studio ampio che copre oltre 14.000 popolazioni di 4000 specie di vertebrati: mammiferi, pesci, uccelli e amfibi. La maggiore perdita, cosi’ come rilevavano anche le precedenti edizioni, continua a interessare le specie acquatiche, le specie di acqua dolce. Qui il declino è dell’83%. Le maggiori perdite avvengono nella zona dei Tropici, mentre per quanto riguarda le specie acquatiche abbiamo un esempio più triste riguardanti i coralli delle acque poco profonde. Qui la perdita è di circa metà della popolazione, solo negli ultimi 30 anni, quindi abbastanza rapida. Ciò nel contesto in cui la Grande Barriera Corallina contribuisce, ogni anno, con circa 70 mila posti di lavoro all’economia dell’Australia e porta quasi 6 miliardi di dollari, annualmente, all’economia australiana. Quindi, ogni specie ha un grande impatto su di noi, su tutti i piani. Senza queste specie selvagge, il Pianeta non sarebbe abitabile, quindi abbiamo bisogno della biodiversità per ottenere il nostro cibo, l’acqua, varianti di vacanze, spiega Adriana Trocea.



Il rapporto il Planeta Vivo, oltre a tirare un segnale d’allarme sulle risorse sovrasfruttate del Pianeta, evidenzia il contributo della natura all’economia mondiale, racconta ancora Adriana Trocea. La natura contribuisce con posti di lavoro, con servizi ambientali, con impollinatori che hanno un grande impatto sulla produzione agricola. A livello globale, la natura offre servizi ambientali per un valore di 125 trilioni di dollari all’anno. Se parliamo di impollinatori, questi sono in declino, quindi dobbiamo investire. A esempio, in America gli agricoltori hanno investito, l’anno scorso, circa 300 milioni di dollari per avere impollinatori, per portare alveari per i frutteti di mandorli. Le pressioni sono grandissime per tutte le specie. L’attività umana ha colpito signficativamente gli habitat e le risorse naturali. Praticamente, tramite il nostro modo di consumo, tramite il modo in cui usiamo la nostra energia e tutto ciò che facciamo, riusciamo ad avere un impatto negativo sulle specie selvagge. Il 20% del Rio delle Amazzoni è scomparso in solo 50 anni, il che è moltissimo se pensiamo che il Rio delle Amazzoni è un hotspot di biodiversità. Ciò succede in gran parte perchè è stato fatto posto alle piantaggioni di specie adoperate nell’agricoltura. Ad esempio, la produzione di olio di palma interessa queste zone forestali.



La perdita della biodiversità è un pericolo almeno altrettanto grande come i cambiamenti climatici, ammoniscono gli autori della 12esima edizione del rapporto Il Pianeta Vivo che sottolineano il poco tempo ancora a disposizione e il bisogno urgente di ripensare e ridefinire a livello globale il modo in cui apprezziamo, proteggiamo e rifacciamo la natura. WWF esorta la comunità globale a stabilire un accordo mondiale che fermi la perdita accelerata della fauna.



Abbiamo ancora la chance di fare qualcosa. Gli specialisti affermano che è possibile che siamo l’ultima generazione che può ancora cambiare il corso della storia da questo punto di vista. Abbiamo anche alcuni risultati positivi negli ultimi anni. Ad esempio, la tigre è una specie che abbiamo spinto fino quasi all’estinzione. La popolazione di tigri, a livello globale, è calata di oltre il 90% negli ultimi 100 anni e siamo giunti a meno di 4000 esemplari, a livello gobale, in libertà. Tuttavia, grazie agli sforzi cumulati dei governi degli stati con popolazioni di tigri, degli specialisti e della gente comune, questa specie si sta riprendendo. Ad esempio, in Nepal, quest’anno, si è constatata una crescita della popolazione di tigri. Un altro esempio è quello dei bisonti, scomparsi in Romania 200 anni fa, ma, grazie agli sforzi di conservazione, ecco che abbiamo adesso di nuovo una popolazione di bisonti in libertà che sta crescendo. Abbiamo circa 50 esemplari in libertà, in questo momento, nei Carpazi romeni, ha precisato Adriana Trocea.



Oltre a ciò, molte specie di animali e uccelli – una volta a rischio, alcune quasi estinte, sono tornate man mano, grazie ai programmi di ripopolamento: il capro nero, il cervo, il castoro, lo sciacallo, l’alce, il falco del Danubio o l’acquila della montagna.




Foto: pixabay.com
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