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Una legge priva di ispirazione

La nuova legge sull'istruzione, adottata quest'autunno in Ucraina, ha destato numerose critiche ed è stata definita dalla maggioranza degli esperti come a dir poco priva di ispirazione.

Una legge priva di ispirazione
Una legge priva di ispirazione

, 03.11.2017, 12:49

La nuova legge sull’istruzione, adottata quest’autunno in Ucraina, ha destato numerose critiche ed è stata definita dalla maggioranza degli esperti come a dir poco priva di ispirazione. Stando ai rappresentanti delle minoranze in Ucraina, l’articolo 7 delle legge ostacola notevolmente il diritto di studiare in lingua materna. La legge prevede l’introduzione graduale del nuovo sistema dell’istruzione e, in contemporanea, la sostituzione delle materie insegnate nelle lingue delle minoranze con discipline in ucraino. La prima tappa della riforma è prevista per il 1 settembre 2018, la seconda per il 1 settembre 2022, mentre la terza e l’ultima, che interessa le classi superiori, dal 2027. Nelle classi medie, dalla V alla IX, l’insegnamento si farà nella lingua di stato con elementi della lingua della rispettiva minoranza nazionale, accanto all’insegnamento in ucraino. Inoltre, è prevista la possibilità dello studio della lingua materna delle minoranze in alcune scuole o presso le società o le associazioni culturali delle rispettive comunità etniche.

La normativa è stata criticata dalle autorità romene, ma anche da altri Paesi della regione, che hanno delle comunità etniche nella repubblica ex-sovietica, ricordando che, ai sensi dei provvedimenti della Convenzione – quadro per la protezione delle minoranze nazionali, gli stati si impegnano a riconoscere il diritto di qualsiasi persona appartenente a una minoranza nazionale di insegnare nella propria lingua materna. Non poche le reazioni dalla Romania, che sono arrivate fino all’annullamento della visita che il presidente Klaus Iohannis aveva prevista in Ucraina. Secondo i critici, la legge potrebbe generare conflitti, scontentezze sociali e instabilità in Ucraina.

Presente nell’aula del Parlamento ucraino, il deputato Grigore Timis, etnico romeno, non ha partecipato al voto, ritirando la scheda dal sistema elettronico e protestando contro l’adozione di questa legge. Ospite in un programma a Radio Romania, Grigore Timis ha valutato che la decisione delle autorità di Kiev si verifica sullo sfondo della tendenza di russificazione esistente nell’est del Paese, però la misura lede tutte le minoranze: Se finora noi, i romeni, eravamo orgogliosi delle oltre 100 scuole fino a poco fa, adesso ne sono rimaste 70 e, non so come, da un anno all’altro scompaiono. Soprattutto nella regione di Cernauti sono rimaste poco più di 60 scuole. Le legge attuale prevede l’insegnamento in lingua materna solo all’asilo d’infanzia e alla scuola elementare. Per gli altri livelli, si studierà in ucraino e resta come materia di studio in lingua materna la letteratura.

Circa mezzo milione di etnici romeni vivono nello stato confinante, in maggioranza nei territori romeni orientali annessi nel 1940, in seguito ad un ultimatum, dall’ex Unione sovietica e attribuiti nel 1991 all’Ucraina, come stato successore. Bucarest ha criticato ripetutamente l’adozione della nuova legge sull’istruzione in Ucraina. I Ministeri degli Esteri, quello per i Romeni nel mondo e il Parlamento hanno preso posizione, mentre autorità dei due stati confinanti hanno svolto una serie di colloqui. Nulla ha convinto però Petro Poroshenko a cambiare idea di firmare la legge adottata dal parlamento ucraino all’inizio di settembre.

Su richiesta della Romania, appoggiata da altri cinque Paesi, il caso è arrivato anche all’attenzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, la quale ha adottato una risoluzione critica relativa alla nuova legge ucraina sull’istruzione. La risoluzione prevede che qualora gli stati non prendessero delle misure intese a promuovere la lingua ufficiale, esse non devono contravvenire alle misure volte a proteggere e a promuovere le lingue delle minoranze nazionali. Poichè se tale fatto non viene rispettato, il risultato sarà l’assimilazione e non l’integrazione, hanno richiamato l’attenzione i membri dell’Assemblea.

Dei problemi relativi al rispetto del diritto all’istruzione in lingua romena si verificano anche in Transnistria, nell’est della Moldova. I licei nei quali si studia in romeno sulla riva sinistra del Dniester sono il target permanente delle politiche anti-romene dei separatisti di Tiraspoli. Un esempio in tal senso è il Liceo Stefano il Grande e Santo di Grigoriopol, lasciato senza sede dalle autorità della Transnistria già 15 anni fa. Cosicchè gli alunni e i professori sono costretti a fare la spola ogni giorno a Dorotcaia per studiare e insegnare in romeno. La direttrice del liceo, Eleonora Cercavschi, spiega: Sono decine di anni che i nostri diritti vengono violati. Ci siamo rivolti alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, che ci ha fatto giustizia. Da cinque anni, continuiamo a fare degli iter in difesa dei nostri diritti. Purtroppo, nulla è cambiato fino ad oggi e siamo venuti a dire alla Federazione Russa che la ferita è viva e sanguinante.

La prof.ssa Cercavschi ha fatto questa dichiarazione durante una protesta davanti all’Ambasciata della Federazione Russa a Chisinau, per denunciare il fatto che Mosca non rispetta la decisione della CEDU del 19 ottobre 2012, tramite cui il governo russo era riconosciuto come responsabile della violazione del diritto all’istruzione nella regione separatista della Transnistria. (traduzione di Iuliana Anghel)

foto: jhenning / pixabay.com
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