Le profughe ucraine in Romania a un anno dall’invasione russa
Dall'inizio della guerra in Ucraina nella confinante Romania sono entrati quasi 3,5 milioni di ucraini, di cui circa 100.000 si sono stabiliti temporaneamente nel nostro Paese.
Christine Leșcu, 20.03.2023, 17:29
Dallinizio della guerra in Ucraina nella confinante Romania sono entrati quasi 3,5 milioni di ucraini, di cui circa 100.000 si sono stabiliti temporaneamente nel nostro Paese. Tra coloro che hanno scelto questa variante, oltre 5.700 sono stati assunti con contratto di lavoro, secondo i più recenti dati del Ministero del Lavoro. Poiché la stragrande maggioranza delle persone che si sono fermate in Romania sono donne con figli in età prescolare, si può presumere che anche una parte significativa di loro abbia trovato lavoro qui. Tra di loro ci sono i beneficiari dellAssociazione Seneca, unorganizzazione di beneficenza non governativa che gestisce anche una libreria. Anastasia Staicu, la fondatrice dellassociazione, è stata presente, nei primi giorni di guerra, al confine tra Romania e Ucraina per aiutare i profughi con servizi di traduzione, il russo essendo la sua lingua madre. Laiuto iniziale offerto al confine si è ampliato e, gradualmente, Anastasia Staicu è venuta ad aiutare le madri, le figlie e le nonne che, nel frattempo, erano arrivate a Bucarest per integrarsi nella società romena. “È una comunità di oltre 200 persone che hanno imparato il romeno al Seneca Anticaffè, al corso intensivo di lingua romena. Qui fanno amicizia tra loro. Questanno, già su undici dipendenti del Seneca, tre sono ucraini. E abbiamo adattato appositamente una stanza per questo. È come unaula magna che può ospitare 20 persone. E se non avessimo avuto uninsegnante perfetta, la signora Rodica Făguț, non sarebbe venuto fuori niente. Non facciamo solo un corso intensivo, ma anche integrazione culturale e sociale. Vanno insieme a teatro, guardano insieme vecchi e nuovi film romeni. È una comunità veramente dedicata allintegrazione.”
Anastasia Staicu è riuscita ad assumere tre dei membri di questa comunità come libraie dopo che sono riuscite a padroneggiare un livello accettabile di comprensione del romeno. Loccupazione aiuta queste donne a far fronte finanziariamente, ma anche ad adattarsi a un paese sconosciuto mentre la guerra in Ucraina sembra prolungarsi. Anastasia Staicu: “Prima di iscriversi ai corsi, chiediamo loro di compilare il motivo per cui imparano il romeno. E se allinizio della guerra il motivo principale era “riuscire a cavarmela per strada”, “poter parlare con le persone che ho conosciuto”, ora più del 50% dichiara di voler trovare un lavoro o rimanere qui per un periodo più lungo.”
La preoccupazione di queste donne, in maggioranza madri, sono ovviamente i bambini. Lo stato romeno ha messo a loro disposizione diversi centri scolastici pilota dove possono continuare i loro studi. Tuttavia, non essendo sufficiente, dal prossimo anno scolastico si è deciso di integrare i bambini rifugiati dallUcraina nelle scuole romene. Questa decisione, però, solleva una serie di problemi, come apprendiamo anche da Anastasia Staicu. “Ci sono sei scuole hub aperte a Bucarest. Ce ne sono altre nel paese. E so che, dallinizio del prossimo anno scolastico, questi bambini dovranno essere integrati nelle scuole romene. Da un punto di vista legale, si presume che esista un corso preparatorio di lingua romena. Il fatto che ora saranno semplicemente iscritti alle scuole senza questo anno propedeutico di lingua romena sarà un ulteriore trauma. Forse i più piccoli si adatteranno. Ma gli adolescenti, quelli dai 13 ai 17 anni, dovranno imparare insieme agli altri secondo un curriculum non tanto semplice. So che sarà difficile per loro. Ora più persone capiscono che forse la guerra durerà almeno altri due anni. Le donne mettono i bambini al primo posto, capiscono bene che devono concentrarsi sui bambini. Meritano più sostegno, un sostegno più organizzato, soprattutto nel campo dellistruzione.”
Tra le donne ucraine che hanno messo il bambino al primo posto cè Caterina, arrivata in Romania un anno fa con il figlio per mano. Ascoltiamo la sua storia. “Quando sono arrivata ero depressa, come tutti, perché non è facile lasciare la propria famiglia, attraversare il confine verso un luogo sconosciuto con il proprio figlio. Dopo poco tempo ho capito che non avevo altra scelta che raccogliere le mie forze, perché sono lunica responsabile di mio figlio. Per primo ho trovato lavoro in un centro sociale dove ho aiutato mamme che venivano anche loro con bambini e avevano bisogno di alloggio, trasporti e documenti. Dopo di che sono stata fortunata a trovare un lavoro qui al Seneca, dove abbiamo unequipe amichevole, dove ci aiutiamo a vicenda e continuiamo ad aiutare anche i cittadini ucraini. Tutta la mia famiglia è rimasta in Ucraina, dai miei nonni ai miei genitori e mio marito. Ci teniamo in contatto finché internet ci permette di farlo e speriamo tutti nella vittoria.”
LAssociazione Seneca ha aiutato Caterina non solo a trovare un lavoro, ma anche a formare una rete di sostegno composta principalmente da donne rifugiate ucraine, ma anche romene disposte ad aiutare. In questo modo supera più facilmente questo periodo difficile, cercando di mantenere il sorriso e lottimismo. Come anche Tatiana, unaltra donna arrivata un anno fa dallUcraina con la figlia di 12 anni, tre gatti e un cucciolo. Sono stati aiutati da un amico già stabilitosi in Romania. Dopo langoscia di lasciare il paese natio, linsicurezza del viaggio e lattraversamento del confine verso un paese sconosciuto,Tatiana si è lentamente adattata imparando il romeno e diventando una libraia. Inoltre, è riuscita anche a conoscere meglio la Romania. Tatiana ci ha raccontato: “Nei primi 4-5 mesi ho scoperto la Romania. Lamico che mi ha accolto è appassionato del kayak. Ha portato me e mia figlia in tutti i suoi viaggi in kayak. Mi ha trovato una casa, cosa molto difficile visto il gran numero di animali che ho. Ma la Romania è stata una vera scoperta per me. Ora, ovviamente, è molto più semplice per me. Durante il mio soggiorno qui ho iniziato a imparare la lingua e questo cambia tutto perché non ti senti più un estraneo. Per ora non è sicuro per me e mia figlia tornare in Ucraina. Se parliamo di mia figlia, per lei ladattamento è più difficile. Senza conoscere la lingua, è abbastanza difficile. Ma cè unatmosfera amichevole intorno a lei. I compagni di classe e gli insegnanti sono molto aperti e lei conosce bene anche linglese, il che la aiuta molto. Sì, si sta adattando, ma è un processo lungo.”
Sembra che anche il periodo che queste donne trascorreranno in Romania sarà lungo. Ma poiché hanno già superato il momento più difficile dellessere profughe grazie alla loro forza interiore, avranno anche il coraggio di affrontare anche altre sfide in futuro.