Tensioni sulla riforma della pubblica amministrazione locale
Il governo romeno ha posto la fiducia su cinque dei sei ddl che compongono il secondo pacchetto di misure di risanamento del bilancio.
Sorin Iordan, 03.09.2025, 11:23
L’adozione completa del secondo pacchetto di misure volto a ridurre il deficit di bilancio dà dei grattacapi al governo di Bucarest. Il premier Ilie Bolojan ha posto la fiducia in Parlamento su cinque dei sei ddl che compongono questo pacchetto e che riguardano le pensioni dei magistrati, la riforma del sistema sanitario, la riorganizzazione delle aziende pubbliche, la ristrutturazione delle autorità di regolamentazione e l’introduzione di misure fiscali per combattere l’evasione e aumentare le entrate. La coalizione composta da PSD, PNL, USR, UDMR e le minoranze nazionali non ha tuttavia raggiunto un accordo sul sesto ddl, quello relativo alla riforma della pubblica amministrazione.
I leader dei partiti della maggioranza hanno incontrato anche il presidente Nicuşor Dan, nel contesto in cui Bolojan ha ammonito che si dimetterà se questa riforma non viene portata a termine. Secondo lui, una riduzione del 25% delle posizioni nella pubblica amministrazione non sarebbe efficiente, poiché riguarderebbe solo i posti fittizi o vacanti. Il premier ha detto che una reale riduzione dell’apparato amministrativo dovrebbe essere messa in rapporto alle posizioni effettivamente occupate, non a quelle teoricamente disponibili negli organigrammi dei municipi. L’obiettivo è una riduzione di circa il 10% del numero di posizioni occupate, ha dichiarato Bolojan dopo i colloqui con il presidente della Romania.
“Entro metà settembre, un gruppo di lavoro che verrà formato all’interno della struttura governativa, analizzerà tutte le soluzioni in modo da poter ultimare anche questo pacchetto, con l’obiettivo di raggiungere una riduzione del 10% delle posizioni effettivamente occupate, ovvero del personale. Parallelamente, sicuramente dobbiamo lavorare anche per ridurre le posizioni nell’amministrazione centrale, dove c’è spazio per riduzioni di personale perché, analizzando diverse istituzioni, abbiamo riscontrato che il personale è sovradimensionato e sono convinto che le cose possano funzionare con risparmi significativi nell’amministrazione centrale o nei servizi statali decentrati in ogni provincia”, ha detto Ilie Bolojan.
Secondo le simulazioni, una riduzione effettiva del personale del 10% implicherebbe una diminuzione di circa il 40% del numero totale di posizioni. Se tale misura venisse adottata, 13.000 dipendenti della pubblica amministrazione verrebbero licenziati a livello nazionale. Queste cifre generano il malcontento dei sindacati dell’amministrazione, che hanno annunciato di scendere in sciopero generale se il governo non abbandonerà questa iniziativa. I sindacalisti ritengono che l’esecutivo stia preparando la più grande ondata di licenziamenti degli ultimi 30 anni, senza un’analisi reale e senza consultare le organizzazioni sindacali, misure che avranno un impatto diretto sulla stabilità dei posti di lavoro, sui diritti salariali e sul funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Ai sindacalisti dell’amministrazione si sono uniti anche quelli del settore dell’istruzione, che hanno annunciato che l’inizio del nuovo anno scolastico, in programma l’8 settembre, sarà segnato da proteste. Gli insegnanti sono insoddisfatti, tra le altre cose, dell’aumento del carico didattico, della riduzione delle tariffe per gli straordinari e dell’accorpamento delle scuole.