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Carceri segrete CIA: rapporto del Senato Usa, nessun accenno alla Romania

La CIA ha utilizzato metodi “brutali”, spesso “inefficaci”, per interrogare i sospetti di terrorismo, inducendo in errore costantemente la Presidenza e il Congresso Usa sulle informazioni ottenute. È la conclusione del rapporto sulle tecniche d’interrogazione della CIA in carceri segrete in Europa ed Asia, reso pubblico la scorsa settimana dal Senato americano. Nella versione pubblica del rapporto non sono divulgate una serie di informazioni, compresi i Paesi in cui sarebbero esistite carceri segrete della CIA, scrive Washington Post, che aggiunge però che certi dettagli del documento permettono la decodificazione dei Paesi ospitanti questi centri di detenzione. Stando alla pubblicazione, la Romania, accanto alla Polonia, Lituania, all’Afghanistan e alla Thailandia, appare nella lista dei Paesi in cui la CIA avrebbe interrogato prigionieri sospetti di terrorismo tra il 2002 e il 2009. Inoltre, una parte dei sospetti, che attualmente si trovano a Guantanamo, affermano che sarebbero stati interrogati in Romania, mentre uno ha persino sporto querela alla Corte Europea per i Diritti Umani.

Carceri segrete CIA: rapporto del Senato Usa, nessun accenno alla Romania
Carceri segrete CIA: rapporto del Senato Usa, nessun accenno alla Romania

, 17.12.2014, 16:07

La CIA ha utilizzato metodi “brutali”, spesso “inefficaci”, per interrogare i sospetti di terrorismo, inducendo in errore costantemente la Presidenza e il Congresso Usa sulle informazioni ottenute. È la conclusione del rapporto sulle tecniche d’interrogazione della CIA in carceri segrete in Europa ed Asia, reso pubblico la scorsa settimana dal Senato americano. Nella versione pubblica del rapporto non sono divulgate una serie di informazioni, compresi i Paesi in cui sarebbero esistite carceri segrete della CIA, scrive Washington Post, che aggiunge però che certi dettagli del documento permettono la decodificazione dei Paesi ospitanti questi centri di detenzione. Stando alla pubblicazione, la Romania, accanto alla Polonia, Lituania, all’Afghanistan e alla Thailandia, appare nella lista dei Paesi in cui la CIA avrebbe interrogato prigionieri sospetti di terrorismo tra il 2002 e il 2009. Inoltre, una parte dei sospetti, che attualmente si trovano a Guantanamo, affermano che sarebbero stati interrogati in Romania, mentre uno ha persino sporto querela alla Corte Europea per i Diritti Umani.



Bucarest ha risposto alle accuse, affermando che il rapporto sulla CIA non fa alcun accenno alla Romania, e le autorità romene non detengono alcuna prova dalla quale risulti che sul territorio del Paese sarebbero esistiti centri di detenzione o che gli aeroporti romeni sarebbero stati utilizzati per il trasporto o la detenzione di prigionieri sospetti di atti di terrorismo. Lo ha precisato il Ministero degli Esteri in un comunicato. Inoltre, non esistono prove su casi di persone o agenzie straniere ufficiali implicate sul territorio della Romania in azioni di privazione di libertà o trasporto illegale di detenuti. La diplomazia di Bucarest precisa che la Romania, stato membro dell’Ue e della Nato, si dissocia e respinge con veemenza simili pratiche, a prescindere dalle ciscostanze.



D’altra parte, il dicastero ricorda che sono state avviate le pratiche per la verifica delle rispettive informazioni, una commissione parlamentare d’inchiesta essendo istituita nel 2005. Adottato dal Senato nel 2008, il rapporto rileva che, in Romania, non sono stati individuati elementi attestanti l’esistenza di basi segrete americane, centri di detenzione o voli non autorizzati della CIA destinati al trasporto o alla detenzione di prigionieri sospetti di terrorismo. Per eliminare i sospetti sulla Romania, le autorità hanno avviato un’altra inchiesta giudiziaria, attualmente in corso. Il partenariato strategico della Romania con gli Usa è e resta uno forte, e le basi della collaborazione con Washington nell’ambito delle azioni antiterroristiche sono solide, fondate su obiettivi comuni, sul rispetto del diritto internazionale, in vista di una risposta pronta alle minacce emergenti, conclude il Ministero romeno degli Esteri.


(traduzione di Adina Vasile)

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