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La depressione: una patologia sempre più presente

È definita come un disturbo dell'umore che può influenzare la cognizione, ovvero le capacità di pensiero, memoria, attenzione ed elaborazione delle informazioni.

La depressione: una patologia sempre più presente
La depressione: una patologia sempre più presente

, 15.08.2025, 14:11

È definita come un disturbo dell’umore che può influenzare la cognizione, ovvero le capacità di pensiero, memoria, attenzione ed elaborazione delle informazioni. Le persone colpite possono avere difficoltà di concentrazione, prendere decisioni e risolvere problemi, ma anche pensieri disfunzionali, problemi di memoria, apatia e mancanza di motivazione, sentimenti di impotenza e colpa.

Stiamo parlando di depressione, e chi ne soffre ha bisogno di aiuto. Perché la depressione o i disturbi cognitivi non sono necessariamente visibili in superficie, ma possono distruggere la vita di una persona. Una persona che ha difficoltà a spiegare che qualcosa la ferisce e che nessuno può vedere. A livello globale, 1 persona su 8 soffre di una malattia mentale, come ansia o depressione, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che segnala anche che un giovane su sette tra i 10 e i 19 anni si trova ad affrontare tali condizioni, che, peraltro, rimangono in gran parte sconosciute e soprattutto non trattate.

“La depressione è prima di tutto il nome di una patologia e vorrei sottolinearlo perché questo nome è comparso nel nostro linguaggio colloquiale e qualsiasi tristezza, qualsiasi apatia, qualsiasi esaurimento emotivo puntuale, con cause reali nella nostra vita quotidiana, la chiamiamo depressione”, ha voluto precisare Yolanda Creţescu, psicologa clinica, psicoterapeuta e fondatrice del primo hub sulla depressione in Romania, presidente dell’Associazione Happy Minds. “La depressione è un disagio emotivo, cognitivo e comportamentale che deve manifestarsi per un periodo di almeno due o tre settimane e in forma continuativa in tutti gli ambiti della nostra vita. Ovvero, uno stato di esaurimento, uno stato di apatia e mancanza di energia in attività che prima ci piacevano e ora non ci piacciono più, disturbi del sonno, sia che non dormiamo o che dormiamo molto, disturbi alimentari, uno stato di profonda tristezza e, ripeto, la cosa più importante, non avere un evento scatenante nella vita reale. Perché diagnostichiamo la depressione come uno stato di disagio quando non ne abbiamo una causa reale”, ha spiegato lei.

In Romania, l’Istituto Nazionale di Sanità Pubblica stima che 3 persone su 100 soffrono di disturbi mentali e comportamentali. E l’età in cui questi disturbi si manifestano è sempre più precoce, addirittura intorno ai 10 anni. Ancora Yolanda Creţescu: “Purtroppo, riscontriamo questi sintomi a età sempre più giovani. Se fino a pochi anni fa non si poteva parlare di diagnosi prima dei 18 anni, ora si verificano effettivamente casi a età sempre più giovani, ma la domanda è: si tratta davvero di depressione o ci sono altre cause che portano a questa sintomatologia? Perché la mancanza di educazione emotiva durante l’infanzia innesca un’intelligenza emotiva più debole, a causa di una genitorialità eccessivamente protettiva, dove i bambini non imparano ad affrontare fallimenti o frustrazioni e quindi vivono un periodo di tristezza, di mancanza di conforto emotivo, in quasi tutte le sfide sociali. Inoltre, l’avvento della comunicazione digitale ha portato a una riduzione delle interazioni sociali reali, che può anche portare a disagio emotivo. Poi, le crescenti pressioni accademiche e sociali, perché pretendiamo sempre di più dai bambini, ci vengono imposti ideali irrealistici dai social media o, perché no, dal nostro ambiente immediato. Sento spesso genitori che paragonano i loro figli.”

Uno studio nazionale mostra che un romeno su quattro afferma di aver sofferto di depressione o ansia nel 2024, e quasi la metà di coloro che hanno ammesso di averne sofferto sono giovani sotto i 30 anni. Il 61% di coloro che hanno dichiarato di aver sofferto di depressione o ansia non ha cercato aiuto specializzato. Perché succede questo? Yolanda Creţescu ha una risposta chiara: la paura dello stigma. “Anche se il periodo pandemico ha reso le persone familiari con il processo terapeutico e ha fatto la differenza tra malattia mentale, psichiatra, farmaci, ospedale psichiatrico e psicologo, sedute di psicoterapia, training emotivo, online o fisico, per aiutare chi soffre emotivamente, permane ancora questo stigma. E poi, la difficoltà di accesso agli specialisti dal punto di vista finanziario.”

Tornando ai bambini che si trovano in queste situazioni, la psicologa Yolanda Creţescu afferma che esistono sempre più programmi e progetti di prevenzione della depressione rivolti a loro. “Perché ci rendiamo conto che il miglior intervento è la prevenzione, soprattutto perché a volte i bambini sono protetti, ma a volte il loro accesso agli specialisti è ostacolato dalla stigmatizzazione dei loro stessi genitori. A volte entriamo in questo conflitto di ruolo in cui, se accettassimo l’idea – mio figlio ha problemi emotivi – concluderei di essere un cattivo genitore o un genitore incapace nel compito che mi sono prefissato di svolgere con mio figlio. E poi entriamo nella negazione e non siamo d’accordo o minimizziamo l’impatto emotivo che l’ambiente ha su mio figlio.”

Fortunatamente, aggiunge la psicologa, esistono anche enti presso i quali i bambini possono ricevere supporto, anche indipendentemente dalla decisione dei genitori: le DGASPC (Direzione Generale per l’Assistenza Sociale e la Tutela dell’Infanzia), che dispongono di protocolli e specialisti in grado di fornire assistenza. Esistono poi il Difensore Civico dei Minori, che può anche intervenire, il consulente scolastico, e linee telefoniche dedicate ai bambini, spesso chiamate da loro stessi o dai loro insegnanti.

Foto: pixabay.com
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