La casa dell’infanzia, museo del villaggio
Nella località di Ieud, in provincia di Maramureş, l'artigiano Ion Pleș ha creato nella casa dei suoi nonni un museo del villaggio, con una collezione quasi altrettanto ricca come quella del Museo del Monastero di Bârsana.

Ana-Maria Cononovici, 25.06.2025, 18:35
Aveva il numero civico 729 quando venne eretta, nel 1835, e aveva appesa alla porta, com’era usanza della zona, una pietra di fiume bucata per tenere lontani gli spiriti malvagi: è la casa dei nonni di Mastro Toderău, come lo chiamano da quelle parti. Nato in una famiglia di artigiani che scolpivano il legno, Ion Pleș, della località di Ieud, in provincia di Maramureş, continua ancora oggi a scolpire croci con tetto per le tombe, come si vedono nei cimiteri della zona. Con apprezzamento per tutto quello che gli ha lasciato suo nonno, “A lui Toderău” (ovvero “quello di Toderău”), come è soprannominato, ha creato un museo del villaggio in cui ci presenta tutto quello che hanno raccolto i suoi antenati, una collezione quasi altrettanto ricca come quella del Museo del Monastero di Bârsana, tranne per quanto riguarda le icone, sebbene si trovino anche qui alcune, dipinte su vetro in stile naif.
L’artigiano riceve i visitatori con entusiasmo ogni volta, prima nella sua bottega e poi nella casa-museo, dando vita alla storia dei suoi nonni: “Siete venuti qui al Museo del Mastro Toderău, in primo luogo, siate i benvenuti! Io faccio croci per il cimitero, tavoli, sedie. Ora possiamo andare fuori. Questa è la casa di mio nonno e forse persino di suo nonno. La casa è stata qui, io l’ho conservata e l’ho spostata dove si trova adesso. In linea di massima vi dirò cosa troviamo qui: abbiamo la meliţa (n.r. un attrezzo primitivo di legno utilizzato nelle masserie per ripulire la canapa e il lino dalle parti legnose), la canapa venina poi messa a mollo nell’acqua e la si pettinava per allontanare il residuo di legno. Qui, ad esempio, c’è la bilancia, con i piatti di legno, così venivano pesati il formaggio e altre cose che bisognava pesare. Qui si metteva il formaggio, dall’altra parte una pietra che faceva da contrappeso. Questo è un attrezzo per fare la purea di patate. Si usavano molto le patate nel pane di mais, perché c’era poco grano.”
Selle per i cavalli, sacchi da mettere sui cavalli per trasportare merci, scatole per le api, inizialmente fatte in un modo primitivo, con bucce di paglia di segale. Abbiamo inoltre saputo dal Mastro Toderău che sua nonna era socăciţă, ovvero cuoca, e cucinava agli eventi del villaggio, a nozze, battesimi e funerali. Così si spiega la varietà degli attrezzi che si trovano nella masseria. All’entrata nella casa gli ospiti sono accolti dalle statue in polistirene dei nonni, vestiti in abiti tradizionali.
Ion Pleș ha aggiunto: “Ho conservato la casa e mi sono detto di tenere anche i nonni. Li ho vestiti in abiti tradizionali, come era l’usanza del passato. Scarpe, obiele (n.r. un pezzo di tessuto con il quale i contadini (a volte anche i militari) usavano fasciare la pianta del piede, in sostituzione delle calze) di lepedeu (n.r. tessuto di forma rettangolare) di canapa, gonne di canapa intessuta, abito di lana nera, camicia tradizionale, con zgărdană (n.r. una decorazione fatta di palline multicolori che le donne indossavano stretta al collo), sciarpa invernale, di lana nera, come indossavano le donne sposate, mentre le nubili indossavano sciarpe colorate, come quelle esposte dentro la casa. Questa era la borsa con la quale si andava a fare la spesa. Quella è la nonna. Questo è il nonno: indossa scarpe di gomma, le cosiddette obiele di tessuto e pantaloni di lana. In questa piccola borsa, chiamata teaşca, teneva il tabacco, la pipa, gli occhiali e diversi attrezzi che aveva sempre con lui. Qui teneva il tabacco, lo metteva nella pipa e fumava. E qui è la cintura dove metteva i soldi. Gli anziani, ad esempio, anche mio nonno, prendevano il tabacco e lo masticavano per rafforzare i denti.”
Queste persone sono arrivate a età avanzate di oltre 90 anni, vivendo attivamente fino all’ultimo, motivo per cui accanto alla statua del nonno c’è anche la stampella di biancospino. Oltre ai racconti sulle usanze del tempo, mastro Toderău ci ha fatto vedere anche quello che cucinava la nonna, ma anche meccanismi ai quali lavorava il nonno, tutti molto avanzati per quei tempi: “Su questa lastra si cucinavano le torte. Le torte venivano cotte, non fritte nell’olio come adesso. Venivano spruzzate di olio di semi di zucca o canapa e messe al forno. In questo si faceva del pane alla verza, in quest’altro vaso veniva preparata la polenta. Questo era per fare la purea di fagioli. Dentro troviamo gli attrezzi del nonno. Faceva ruote di carrozze, finestre, tante cose. Questo è il tornio che veniva azionato con il piede, perché allora non c’era la corrente elettrica. Queste sono trappole per catturare animali, con questo mio nonno è riuscito a catturare persino un cinghiale nel bosco.”
Dentro la casa sono esposte centinaia di camice cucite in stile tradizionale, per uomini e donne, un’altalena per bambini, un’altra per le bambole, un telaio, cuscini, ma anche una piccola bibbia che mio nonno prendeva con sé dappertutto e alcune icone dipinte su vetro. Ci sono anche vasi di ceramica, piccoli o più grandi e i visitatori sono invitati alla fine ad assaggiare un bicchierino di horincă o di afinată (bevanda a base di mirtilli), alla memoria dei nonni molto attivi che hanno creato tutta la masseria. Una vita intera concentrata in poche stanze e annessi, in cui la vita mantiene il ritmo lento del luogo.