Iuliu Maniu, il gentiluomo della democrazia romena
Fu il regime comunista a rovinare il destino del grande politico democristiano romeno, Iuliu Maniu.
Steliu Lambru, 21.01.2013, 15:30
Fu il regime comunista a rovinare il destino del grande politico democristiano romeno, Iuliu Maniu. Nato nel 1873, nel nord-ovest della Romania di oggi, Iuliu Maniu diventò avvocato, seguendo il modello di suo padre. La madre era figlia di un prete greco-cattolico. Nel 1896 Maniu si addottorò in legge presso l’Università di Vienna. Sin da giovane, si dedicò alla politica e fu membro attivo del Partito Nazionale Romeno. Nel 1906 fu eletto deputato nel parlamento di Pesta in Austria-Ungheria.
Nel 1915 fu mobilitato nell’esercito austro-ungarico sul fronte italiano e nel 1918, alla fine della guerra, assieme a molti leader dei romeni della Transilvania, decise l’unificazione con il Regno di Romania. Nel 1926 fondò assieme a Ion Mihalache il Partito Nazionale dei Contadini, uno dei più importanti partiti della Romania interbellica. Dal 1918 al 1945, Maniu fu tre volte primo ministro della Romania. Democratico convinto, rifiutò ogni collaborazione con la dittatura fascista, e soprattutto con quella comunista. Imprigionato nel 1947, a 75 anni, il 5 febbraio 1953, Iuliu Maniu morì nel carcere di Sighet.
Il grande politico riuniva in sè tutti i tratti della società romena della prima metà del Novecento. Incorruttibile, carismatico, tenace, Maniu fu veramente la personalità di cui i romeni hanno avuto bisogno nei momenti di svolta. Nella mentalità collettiva, è rimasto un modello di politico e di uomo speciale. In una testimonianza custodita dal Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena, Ioana Berindei, figlia di Ioan Hudiţă, membro di spicco del Partito Nazionale dei Contadini, ricordava nel 2000 i pregi di Iuliu Maniu.
“Maniu era un uomo di una rara modestia! Un uomo molto gentile, dalla voce calda. Era spesso invitato a pranzo nella nostra casa. Come politico, era intransigente e ciò piaceva molto a mio padre. Si oppose con tutte le sue forze aglu abusi di Re Carlo II. Nel momento in cui si rese conto degli errori — quando era venuto in Romania nel 1930, Carlo II era carino e gentile, ma poi aveva dimostrato il suo vero carattere – Maniu fu deluso. Era stato lui a portarlo, ma dopo riconobbe il suo errore e gli si oppose con veemenza”, ricordava Ioana Berindei.
Sergiu Macarie, membro attivo della gioventù nazionale contadina, confessava nel 2000, sempre al Centro di Storia Orale di Radio Romania, come l’ingresso dei sovietici nel paese costituì un segnale d’allarme per la società romena che si mobilitò contro questi suoi nemici. Nonostante l’età avanzata e la malattia, Iuliu Maniu non esitò a implicarsi attivamente.
“Non passavano due-tre giorni senza uno scontro con i gruppi comunisti. C’erano riunioni più grandi e si sapeva che sarebbero venuti anche loro. A Bucarest, a Piazza del Palazzo ci si riuniva e si acclamava il re che poi usciva al balcone. Dopo di che, arrivavano le macchine con operai armati di bastoni. Ad esempio, il 15 maggio 1946, furono celebrati i 98 anni dal discorso del grande politico Simion Bărnuţiu sulla Pianura della Libertà di Blaj e venne anche Maniu. All’uscita, intorno all’Auditorium romeno c’erano macchine piene di operai con bastoni. Solo con difficoltà riuscimmo a salvare il presidente, forzando una porta mai utilizzata per farlo uscire”, diceva anche Sergiu Macarie.
Iuliu Maniu fu più che un politico onesto. Fu il simbolo della democrazia stessa dopo l’insediamento del comunismo al quale si oppose con tutte le forze, ma che, però, stroncò la sua vita.