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Condannato il leader della maggioranza

Terremoto sulla scena politica di Bucarest: Liviu Dragnea, l’uomo forte del PSD e della coalizione di sinistra al potere, è stato condannato a tre anni e mezzo di carcere con esecuzione per istigazione all’abuso d’ufficio. La sentenza non è definitiva. L’Alta Corte di Cassazione e Giustizia ha confermato, in primo grado, le accuse della DNA stando alle quali, mentre era presidente del Consiglio Provinciale di Teleorman (sud), Dragnea ha disposto l’assunzione fittizia di due membri del partito presso la Direzione di Assistenza Sociale e Tutela dell’Infanzia. Le due persone sono state pagate da fondi pubblici, sebbene avessero lavorato esclusivamente per il PSD.

Condannato il leader della maggioranza
Condannato il leader della maggioranza

, 22.06.2018, 14:15

Terremoto sulla scena politica di Bucarest: Liviu Dragnea, l’uomo forte del PSD e della coalizione di sinistra al potere, è stato condannato a tre anni e mezzo di carcere con esecuzione per istigazione all’abuso d’ufficio. La sentenza non è definitiva. L’Alta Corte di Cassazione e Giustizia ha confermato, in primo grado, le accuse della DNA stando alle quali, mentre era presidente del Consiglio Provinciale di Teleorman (sud), Dragnea ha disposto l’assunzione fittizia di due membri del partito presso la Direzione di Assistenza Sociale e Tutela dell’Infanzia. Le due persone sono state pagate da fondi pubblici, sebbene avessero lavorato esclusivamente per il PSD.



Se sarà confermata, sarà la seconda condanna per Dragnea dopo quella a due anni con sospensione per tentativo di broglio elettorale. Quest’ultima risale al 2016 ed è connessa alla sua implicazione nel referendum del 2012 per la destituzione dell’ex presidente Traian Băsescu. I partiti romeni si impongono criteri di integrità solo a livello dichiarativo, cosicché Liviu Dragnea è stato incaricato, nonostante la condanna, a dirigere il PSD nelle elezioni. E colui che è stato condannato per tentativo di broglio elettorale ha portato il PSD verso il più rimbombante successo elettorale degli ultimi due decenni.



E ora, membri di spicco del partito, tra cui la premier Viorica Dăncilă, gli stanno vicini. Loro invocano sia la presunzione di innocenza di cui il leader PSD dovrebbe beneficiare fino alla sentenza definitiva, sia un presunto atto di vendetta politica di cui Dragnea sarebbe vittima. È la vecchia ossessione legata alle cosiddette forze occulte dei servizi e della DNA di cui i socialdemocratici affermano che li perseguitano sistematicamente. Il partner di coalizione, il presidente dell’ALDE, Călin Popescu-Tăriceanu, afferma pure lui che dovrebbe funzionare la presunzione di innocenza.



L’opposizione di destra chiede, invece, che Liviu Dragnea dia le dimissioni da tutti gli incarichi pubblici che ricopre. Il leader liberale, Ludovic Orban, invita i parlamentari della maggioranza PSD — ALDE a prendere le distanze dal presidente socialdemocratico e ad affiancarsi alla mozione di sfiducia inoltrata dal PNL. Dal canto suo, l’Unione Salvate la Romania ritiene inaccettabile che Dragnea, che definisce, citiamo “un delinquente con due condanne penali”, rimanga ancora a ricoprire uno dei più importanti incarichi dirigenziali nello stato.



La strada, animata di nuovo da proteste contro le controverse modifiche apportate dal potere alle leggi sulla giustizia e ai codici penali ha giubilato nel momento in cui ha saputo la sentenza. A Bucarest e nel Paese si sono svolte, giovedì, ampie manifestazioni, condite con slogan contro il PSD e il suo leader. La gente ha chiesto non solo le sue dimissioni dall’incarico di presidente della Camera dei Deputati. Vuole le dimissioni del governo, lo scioglimento del parlamento ed elezioni anticipate. Liviu Dragnea tentenna e, con lui, anche il partito e la coalizione al potere. Il primo test di resistenza sarà mercoledì, nel momento del voto sulla mozione di sfiducia.



Il modo considerato autoritario in cui Dragnea ha presieduto il PSD ha determinato diserzioni dal partito. Per i critici, Dragnea non ha rappresentato altro che la promessa di una modifica radicale dell’intera struttura istituzionale e legislativa sulla quale si basa la Giustizia, nel senso della sua sottomissione. La sentenza di giovedì equivale, in questo caso, al fallimento di tali azioni. È una sentenza favorevole alla Giustizia, perché conferma la sua indipendenza dalla politica.

Foto: pixabay.com
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