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Vita sociale e politica a Sibiu nel Cinquecento

Tra le città fondate dai sassoni in Transilvania a partire dal XII secolo, Brasov e Sibiu sono sempre state le più rinomate.

Vita sociale e politica a Sibiu nel Cinquecento
Vita sociale e politica a Sibiu nel Cinquecento

, 05.12.2018, 14:31

Tra le città fondate dai sassoni in Transilvania a partire dal XII secolo, Brasov e Sibiu sono sempre state le più rinomate. La prima, più estesa e più numerosa come popolazione, fu maggiormente dinamica e orientata verso il commercio, più pragmatica e, forse perciò, anche meno conservatrice. Invece, Sibiu fu da sempre considerata il centro politico, amministrativo e intellettuale dei sassoni. I suoi legami economici si estendevano nell’Europa centrale e occidentale, ma anche verso l’est e il sud. Buona parte del suo benessere era dovuta al commercio con l’Impero ottomano, ma anche con la Valacchia e le sue città: Campulung-Muscel, Targoviste o Pitesti.

Allo stesso tempo, però, abitata in gran parte da mercanti e artigiani, Sibiu era guidata secondo un modello di autogoverno ispirato ad altri borghi dell’Europa centrale, mantenendo anche le specificità locali, che si cristallizzarono alla meglio nel Cinquecento. A Sibiu, come d’altronde in tutte le città sassoni della Transilvania o in quelle tedesche dell’Europa, esisteva una sorta di democrazia incipiente o premoderna. Ad esempio, i suoi abitanti eleggevano ogni anno il sindaco, il giudice reale e i magistrati. Questa forma di autogoverno, insieme alla legislazione che la accompagnava, fu chiamata all’epoca gute polizei ovvero buona governance.

Maria Pakucs-Willcocks, autrice del volume Sibiu cinquecentesca. L’ordinamento di una città della Transilvania, spiega quanto liberale o evoluta fosse questa forma di autonomia per il rispettivo periodo. I dirigenti di Sibiu e la sua élite politica tentarono di imprimere una certa visione alla città, una proiezione politica e ideologica simboleggiata dalla gute polizei. Forse non aderì così velocemente tra la popolazione, però si è riflettuta nello statuto della città. Si svolgevano elezioni democratiche, però, al solito, le cariche venivano ricoperte dai membri delle famiglie appartenenti all’élite politica già legittimata, che disponevano delle risorse finanziarie per occuparsi di politica, ma anche di connessioni per approfittare della politica per guadagnare ancora di più. Quindi, si trattava di una democrazia che funzionava per i privilegiati, però, in ugual misura, veniva mantenuta anche la relazione con gli elettori o i loro rappresentanti, i cosiddetti centumviri che rappresentavano gli artigiani della città con i quali il Consiglio direttivo di Sibiu collaborava. Si trattava dei 100 uomini eletti ogni anno in rappresentanza della classe media, costituita da artigiani e mercanti, spiega Maria Pakucs-Willcocks.

Anche in altre città venivano applicate simili politiche amministrative, ma non come a Sibiu. Tale fatto era dovuto anche alla personalità eccezionale di Albert Huet, uno statista al quale è intitolata un’importante piazza della città. Albert Huet era un intellettuale di eccezione, giudice reale di Sibiu dal 1577 al 1607. Fu lui a individuare questa formula della gute polizei che attecchì solo un secolo più tardi nel linguaggio amministrativo corrente. E fu sempre Albert Huet a imprimere ai sassoni della Transilvania un modo di definirsi come nazione. Navigò su acque torbide nella politica interna ed estera. Ad esempio, fu contemporaneo del principe Michele il Bravo, combattendo al suo fianco nella battaglia di Giurgiu. Si riteneva un padre dei sassoni, cercava di ottenere una maggiore autonomia per loro e di mantenere i privilegi politici, amministrativi, giuridici ed economici. A lungo termine, però, questi privilegi determinarono un’inflessibilità dei sassoni nell’aprirsi verso le ulteriori evoluzioni politiche. Ad esempio, Sibiu era una città quasi chiusa ad altre nazioni. Non solo ai romeni era vietato stabilirvisi, ma a qualsiasi non sassone, non luterano o persino nobile. Per un borghese sassone, la presenza di un nobile nella sua città era inaccettabile, spiega ancora Maria Pakucs-Willcocks.

Comunque, Sibiu aveva una sua Costituzione sin dal 1589. Io l’ho chiamata Costituzione, però il documento ufficiale si intitola Statuto della città, in cui viene cristallizzata anche il concetto di gue polizei. Venivano, inoltre, stabiliti dei principi e delle regole di funzionamento politico e amministrativo. Il consenso costituiva la pietra miliare per qualsiasi comunità, non solo per quella di Sibiu. Ma a Sibiu si esprimeva attraverso certe formule: interesse comune, pace comune, relazione tra governo e governati, obbedienza…E allora cosa significa, in questo contesto, il bene comune? Significa un contratto, un’intesa tramite cui i sudditi o i governati obbediscono quanto tempo il governo agisce nell’interesse di tutti, e il bene comune sarebbe la somma delle condizioni in cui tutti vivrebbero in pace e armonia, conclude Maria Pakucs-Willcocks.

Tramite il suo ordinamento, le tradizioni della sua popolazione e persino tramite la sua Costituzione cinquecentesca, Sibiu recò il proprio contributo alla diversità della civiltà e della cultura che si ritrova oggi entro i confini della Romania, che il 1 dicembre ha celebrato il Centenario della Grande Unione.

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