Gelatina di cotogne
Frutto giallo e aromatico, tipico dell’autunno, la cotogna può essere conservata a lungo senza guastarsi. Va benissimo per i piatti salati o dolci, e nella tradizione popolare romena rappresenta anche un modo per predire se l’inverno sarà mite o rigido.
Iuliana Sima Anghel, 04.11.2025, 10:00
Frutto profumato, tipico dell’autunno, ma che può essere conservato fresco anche durante l’inverno, la cotogna è ricca di vitamina C ed è utilizzata non solo in gastronomia, ma anche nella medicina popolare. A scopo terapeutico si impiegano sia il frutto che le foglie, soprattutto nella cura dei disturbi gastrointestinali. Prima della diffusione delle patate, del mais, dei fagioli e dei pomodori, nella cucina tradizionale romena si usavano cereali come il miglio e il grano, ma anche frutta come le prugne e le cotogne. Le prugne si potevano conservare a lungo dopo essere state affumicate, mentre le cotogne avevano il vantaggio di resistere per molto tempo dopo la raccolta. Un piatto citato nei quaderni di ricette delle corti dei boiardi della Valaccia, provincia storica situata tra i Carpazi e il Danubio, è proprio quello a base di cotogne, preparato con o senza carne.
Le cotogne vengono inoltre utilizzate per la preparazione di dolci come marmellata, composta, confettura o gelatina. Per la marmellata, si scelgono cotogne sane e mature, si rimuove la peluria superficiale, si lavano, si tagliano a fette senza eliminare i semi, quindi si fanno bollire. Dopo che la polpa si è ammorbidita, si passano al setaccio ottenendo una purea che si fa cuocere a fuoco lento con una quantità di zucchero pari alla metà del peso della purea. Si lascia sul fuoco finché si addensa, poi si mette nei barattoli, che vengono sterilizzati il giorno successivo, una volta raffreddati e dopo che in superficie si è formato uno strato più compatto.
La gelatina di cotogne, chiamata in romeno “peltea”, si prepara in modo simile. Si usano circa 3 chili di cotogne e 2 chili di zucchero, leggermente più rispetto alla marmellata. Esiste anche una variante con mele, in quantità minore o uguale a quella delle cotogne. Dopo aver tolto la peluria e tagliato la frutta a fette, senza togliere i torsoli, si fanno bollire a fuoco basso. La purea ottenuta passando le cotogne al setaccio si fa cuocere nuovamente, a fuoco lento, con zucchero e succo di limone. Quando lo zucchero si è sciolto, si può aumentare la fiamma e si lascia sul fuoco finché il composto si lega.
La gelatina più trasparente risulta più fluida, mentre quella più scura è più densa. Una volta versata nei barattoli e chiusa con coperchio, la gelatina si lascia raffreddare e poi si sterilizza come qualsiasi conserva. Potete viziarvi il palato spalmandola su una fetta di pane, con o senza burro. In romeno esiste l’espressione “a întinde pelteaua” (letteralmente “spalmare la gelatina”), che significa “allungare il discorso”, ovvero parlare troppo e inutilmente. Secondo la tradizione popolare, la dimensione delle cotogne indica come sarà l’inverno: se piccole, l’inverno sarà mite; se sono grandi, seguirà un inverno gelido.