Sfide dell’economia circolare nell’industria tessile
L’economia circolare è un concetto sempre più diffuso, che rappresenta un’alternativa al modello economico tradizionale.
Daniel Onea, 09.10.2025, 11:46
A differenza del ciclo classico “produzione, utilizzo, smaltimento”, l’economia circolare si basa sul principio della rigenerazione, con l’obiettivo di mantenere prodotti, componenti e materiali all’interno del circuito economico per il maggior tempo possibile. Questo modello si applica anche all’industria tessile, un settore con un impatto ambientale considerevole.
A partire dal 1° gennaio 2025, la Romania, insieme agli altri stati membri dell’Unione Europea, si allinea a una nuova direttiva volta a combattere l’inquinamento massiccio generato dall’industria tessile. Secondo tale regolamentazione, la raccolta differenziata dei rifiuti tessili diventa obbligatoria, rappresentando un passo essenziale verso un’economia circolare.
L’Associazione Romena per il Riutilizzo e il Riciclaggio Tessile ARETEX è stata fondata due anni e mezzo fa per promuovere questi principi a livello nazionale. Il presidente dell’Associazione, Zoltan Gyöndy, afferma che in Romania si buttano ogni anno circa 160.000 tonnellate di rifiuti tessili. La maggior parte finisce in discarica o viene utilizzata per il recupero energetico.
“La legislazione entrata in vigore il 1° gennaio obbliga tutti i paesi dell’Unione Europea a organizzare raccolte differenziate. Vale a dire che non dobbiamo più buttare i tessili nei rifiuti domestici, perché ovviamente non si può più né riciclarli né riutilizzarli. La legge specifica chiaramente che i rifiuti tessili devono essere raccolti separatamente, ma non distingue espressamente tra due tipi di rifiuti tessili: quelli riutilizzabili e quelli riciclabili. Inoltre, non menziona affatto che una grande parte di essi non è né riciclabile né riutilizzabile e continuerà quindi a essere destinata al recupero termico o all’incenerimento”, spiega Zoltan Gyöndy.
In Romania, il potenziale di riciclo e riutilizzo dei tessili è stimato al 30%, ma attualmente se ne ricicla e riutilizza meno del 10%. Il principale ostacolo è la mancanza di una raccolta differenziata efficiente, dovuta all’assenza di un’infrastruttura adeguata.
“Alcuni comuni hanno acquistato contenitori, raccolgono separatamente i tessili, e poi non succede più nulla, perché mancano i passaggi successivi. Le aziende di nettezza urbana non svolgono questo compito. Non sono specialisti né nel riutilizzo né nel riciclaggio tessile, e così via. Pertanto, bisogna trovare una soluzione affinché gli operatori esistenti possano entrare in questo ciclo, ma non come progetto pilota, pro bono. Alcuni lo hanno fatto a Bucarest, altri a Cluj, altri a Satu Mare, altri a Oradea, con raccolte di questo tipo per una determinata città. A medio termine, questo non è sostenibile. Il valore ottenuto dall’abbigliamento riutilizzato deve coprire tutti i costi di raccolta, selezione, trattamento, pulizia e riciclaggio. Oggi il riciclo genera costi, non porta entrate”, aggiunge il nostro ospite.
Quindi, il 1° gennaio 2025 ha segnato una tappa cruciale per la Romania nella gestione dei rifiuti tessili. Anche se l’attuazione della nuova legge rappresenta una sfida, gli sforzi per creare un’infrastruttura nazionale di riciclo sono essenziali per proteggere l’ambiente e per allinearci agli obiettivi europei di sostenibilità.