Visite papali in Romania
Nel 2025, la Pasqua Ortodossa e la Pasqua Cattolica sono state celebrate nello stesso giorno, il 20 aprile. Allo stesso tempo, la recente scomparsa di Papa Francesco e il contesto della transizione e della riflessione all’interno della Chiesa Cattolica riportano all'attenzione pubblica i momenti significativi in cui la Romania è stata al centro dell’attenzione del Vaticano.

Eugen Cojocariu e Ion Puican, 27.04.2025, 10:00
Le visite del Santo Padre Giovanni Paolo II nel 1999 e di Papa Francesco nel 2019 sono state non soltanto avvenimenti religiosi, ma anche punti di riferimento storici per il dialogo ecumenico, per la ricostruzione della memoria collettiva e per la riaffermazione dei valori comuni tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa. In un’Europa segnata oggi da frammentazioni e incertezze, questi momenti di apertura e solidarietà acquistano una rilevanza particolare e sono degli esempi di riconciliazione e cooperazione in uno spirito profondamente umano e cristiano.
Dal 7 al 9 maggio 1999, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha compiuto una visita storica in Romania, essendo il primo Sommo Pontefice a recarsi in un Paese a maggioranza ortodossa dopo il grande Scisma del 1054. La visita è stata un simbolo della riconciliazione e del dialogo tra i due grandi rami del cristianesimo. Durante il suo soggiorno a Bucarest, il Papa Giovanni Paolo II è stato accolto calorosamente dalle autorità romene e dal Patriarca Teoctist della Chiesa Ortodossa Romena. Un momento speciale è stato quello della partecipazione comune alle messe religiose, quando il Sommo Pontefice ha assistito a una liturgia ortodossa, un gesto senza precedenti nella storia delle relazioni interconfessionali.
A distanza di due decenni, tra il 31 maggio e il 2 giugno 2019, il compianto Papa Francesco ha visitato la Romania all’insegna del motto “Camminiamo insieme!”. Questa visita ha avuto un carattere pastorale ed ecumenico, evidenziando l’impegno del Sommo Pontefice per l’unità e la solidarietà. Nell’ambito della visita, Papa Francesco ha avuto incontri ufficiali con autorità romene, ha officiato servizi religiosi in diverse località del Paese: a Bucarest, ha celebrato la Divina Liturgia nella Cattedrale di San Giuseppe; a Șumuleu Ciuc (centro), ha celebrato una messa dedicata alla comunità magiara, attirando decine di migliaia di pellegrini; a Iași (nord-est) e a Blaj (centro), sulla Pianura della Libertà, dove ha presieduto la cerimonia di beatificazione di sette vescovi cattolici di espressione bizantina martiri, vittime del regime comunista, riconoscendo in questo modo la loro sofferenza e la loro fede. Questa visita è stata apprezzata per i messaggi di unità, di pace e d’incoraggiamento del dialogo interreligioso, consolidando le relazioni tra le Chiese Cattolica e Ortodossa in Romania.
Delle visite papali e delle relazioni della Romania con la Santa Sede ci ha parlato l’Ambasciatore di Romania presso la Santa Sede e il Sovrano Ordine di Malta, George Bologan: “Quest’anno celebriamo 35 anni dalla ripresa delle relazioni diplomatiche, come deciso dalla Romania democratica e dalla Santa Sede nel 1990. In questo periodo, abbiamo avuto il privilegio di vivere momenti storici, come la visita del Papa Giovanni Paolo II in Romania, la prima di un Sommo Pontefice in un Paese a maggioranza ortodossa, ma anche la visita apostolica di Papa Francesco nel nostro Paese. Quando parliamo della Santa Sede, possiamo dire di guardare in faccia la storia. Ricordiamo la corrispondenza dei Sommi Pontefici con i capi dei Principati Romeni, che risale già all’inizio del XIV secolo, ma anche i passi concreti compiuti dalla Romania interbellica per stabilire relazioni diplomatiche in senso moderno, il 1 giugno 1920, quando la Romania aveva bisogno di partner e di amici per il suo riconoscimento come giovane stato in piano internazionale. L’ecumenismo, sebbene sembri una questione tecnica troppo poco compresa dal pubblico largo, potrebbe avere, infatti, molte conseguenze concrete nella società. Lo stato incoraggia l’ecumenismo per garantire un equilibrio tra tutti i settori della società. Inoltre, l’ecumenismo ci esorta e addirittura ci costringe, che ci piaccia o meno, a forme minimali di cortesia, di rispetto che sono necessarie nella vita quotidiana, al lavoro, nei rapporti con i vicini e così via. D’altra parte, il dialogo è importante per non svalutare il cristianesimo. Il dialogo interconfessionale è anche un esercizio per accettarci tra di noi e per imparare gli uni dagli altri. Le due visite pontificie del 1999 e del 2019 hanno rinfrescato l’aria respirata dalla società romena. Hanno fatto sì che sulle strade di Bucarest e non solo, si sentisse la gioia cristiana per il fatto che possiamo essere uniti anche nella diversità.”
Queste visite papali restano dei punti di riferimento simbolici non solo nella storia recente delle relazioni diplomatiche tra la Romania e la Santa Sede, ma anche negli sforzi di avvicinamento interconfessionale. Rappresentano prove di una volontà comune di riconciliazione, apertura e unità, che trascende le barriere dogmatiche e si ancora in valori universali: pace, rispetto reciproco e solidarietà. La presenza dei due Papi in Romania è stata sempre accolta con emozione ed entusiasmo, riflettendo il profondo desiderio della società romena di essere parte attiva di un dialogo spirituale e culturale globale.
In un contesto segnato da rapidi cambiamenti, frammentazioni ideologiche e sfide identitarie, le lezioni di questi momenti storici restano rilevanti. Ci ricordano che il dialogo autentico e il rispetto tra le fedi sono non soltanto gesti simbolici, ma passi concreti verso un mondo più empatico e più solidale. E la Romania, attraverso questi episodi significativi, ha affermato il suo ruolo di ponte fra tradizioni, culture e spiritualità, contribuendo attivamente a tracciare un’Europa più unita e più consapevole delle sue radici.